La storia di un giovane pirata cresciuto a colpi di Capitan Uncino, per arrivare a nemmeno 30 anni a creare la prima ciurma che usa metodi non convenzionali per scovare tesori nascosti tramite l’advertising.

5 Dicembre 1989: è lì che ha avuto inizio il mio viaggio.

Ero appena nato, e anche se la sala parto in cui mi trovavo non aveva gli aspetti di un vascello dei pirati, sono certo che una parte di me, già in quel momento lì, si sentisse un piccolo pirata.

E quando qualche anno dopo, guardando un cartone dei pirati sentii pronunciare “Pirati si nasce, non lo si diventa”, da quel giorno ne diventai certo, e nessuno sarebbe più riuscito a togliermi la convinzione che ero nato pirata.

Avevo convinto me stesso, ma non riuscivo a convincere le altre persone (anni dopo lo stesso problema si sarebbe presentato nell’adv, rendendomi conto che non bastava dire ‘sono un advertiser’ per essere un advertiser).

Per mille bucanieri, ero un bambino di circa sei anni che resosi conto che nessuno mi prendeva sul serio quando dicevo che ero un pirata, dovevo trovare il modo per rendere credibile al mondo questa cosa.

Mi mancava qualcosa, e per capire cosa fosse questa cosa, ogni volta che c’era occasione di sfogliare qualche fumetto o di guardare qualche cartone sui pirati, io lo guardavo.

Se volevo essere un pirata dovevo pensare come un pirata, agire come un pirata, vestirmi come un pirata.

Dovevo vestirmi come un pirata… ecco cosa mi mancava, forse.

L’occasione per verificarlo arrivò a carnevale. Io non avevo dubbi che mi sarei vestito da pirata, e così è stato.

Ma avevo sottovalutato una cosa… che ci sarebbero stati anche altri bambini come me che si sarebbero vestiti da pirati.

Il vestito era bello, ma io ero solo e senza una ciurma, e ho pensato che fare amicizia con altri pirati fosse il primo passo per averne una.

Il risultato? La maestra che dovette intervenire per separare me e gli altri compagni che mi accusavano di non essere un pirata.

Il motivo? Non avevo un nome da pirata.

Si misero a ridere quando alla domanda ‘com’è che ti chiami?’ risposi ‘Giovanni Lorenzi’.

Hai mai sentito un pirata chiamarsi Giovanni?

Hai mai sentito storie di pirati che si arresero solo perché sapevano che nella nave nemica c’era un membro dell’equipaggio che si chiamava Giovanni?

Nonostante non l’avessi presa bene, i miei compagni avevano ragione: non potevo chiamarmi Giovanni, dovevo trovarmi un nome da vero pirata.

E così decisi di chiamarmi...

Ma le sfide per il piccolo Giovanni (da quel momento battezzato con il nome di Johnny Roi) non erano finite, perché nel momento in cui aveva reso credibile il suo essere pirata, gli adulti intorno a lui dicevano “i Pirati rubano e saccheggiano, scegli un supereroe”

Ma per la trippa di Nettuno, che film di pirati avevano guardato questi adulti che osservavo dall’altezza ginocchia?

Tutti i pirati raggiungono il tesoro con metodi non convenzionali e percorrendo rotte sconosciute ai più, ma non tutti utilizzano i mezzi non convenzionali in modo illecito, saccheggiando e assalendo galeotti altrui.

Io volevo fare parte dei primi, e così è stato.

Avevo appunto sei anni, ed era ancora presto per sapere che avrei ritrovato tutte queste caratteristiche quando sarei diventato un nerd dell’advertising.

Dovevo farmi ancora un po’ di gavetta in stiva.

Come molti piccoli pirati anch’io sono andato a scuola. Addirittura all’università. Un viaggio che, come destinazione, mi ha portato fino in America.

La gavetta per diventare un pirata non convenzionale (ma che agisce dentro i confini della legalità) è lunga, e per acquisire l’esperienza necessaria dovevo raggiungere i pirati migliori che ci sono oggi: dovevo andare oltreoceano, dovevo andare nella Silicon Valley.

È stato durante questo viaggio che ho capito che era giunto il momento di buttare in mare il cappello da mozzo, perché ciò che stavo andando a fare mi avrebbe permesso di avere tra le mani la bussola che conduce ai tesori.

Il periodo in America mi ha permesso di salire a bordo delle migliori navi unicorno: Tesla, Facebook, Linkedin e Youtube.

Per arricchire la mia mappa di strategie e ‘strumenti del mestiere’ sconosciuti in Italia, mi sono iscritto ad un corso nella Valley innovation center sul disruptive marketing.

Un corso sulle metodologie di crescita che hanno usato le aziende unicorno per crescere esponenzialmente nel 21 sec.

È lì che sono venuto in possesso delle prime e più straordinarie strategie di performance marketing non convenzionale.

Salpa. Traccia. Impara.

A quel punto davanti a me si aprono due orizzonti: restare in America, entrare in qualche nave pirata americana e dire per sempre addio alle coste e ai porti italiani.

Oppure, tornare in Italia, portare con me il tesoro che avevo appreso e aiutare piccoli navigatori a far crescere le loro flotte e a conquistare nuovi tesori in mare aperto.

Ho scelto la seconda via. Conoscevo il mercato italiano, molti capitani italiani non si fidavano di andare alla conquista di tesori sperduti per il rischio arrembaggi, e io, con le informazioni che avevo appreso, potevo fare la differenza.

In tutto questo tempo che ero stato via dall’italia, erano cambiate molte cose, ma una è rimasta identica: non avevo smesso di dire ciò che pensavo.

Una caratteristica che mi ha mai fatto passare per antipatico sia agli occhi degli insegnanti che agli occhi di molti amici.

Ma infondo: da quando un pirata è simpatico?

Io sognavo di trovare nuovi tesori, e di avere un equipaggio con cui condividere tutto questo.

Se volevo essere simpatico avrei fatto altro, mica il pirata, mica l’advertiser: non credi?

Ancora non sapevo cosa c’entrasse questa caratteristica con il lavoro che oggi faccio. 

Sono dovuto passare per note sul registro e aspre discussioni con amici per arrivare al giorno in cui mi sarei reso conto che questa caratteristica non era un limite, bensì parte stessa del tesoro.

Abituato a dire le cose senza giri di parole, per me è stato fin da subito normale dire ad un imprenditore ‘non possiamo lavorare assieme perché i test che abbiamo fatto ci dicono che questo prodotto, per come è concepito, non ha mercato.’

L’effetto in molti casi è stato dirompente, portando i clienti successivamente a voler tornare a solcare i mari con me proprio perché avevo detto loro le cose come stanno.

Evidentemente, quegli altri professionisti che si occupavano di advertising, da piccoli non si erano appassionati a sufficienza ai pirati, altrimenti avrebbero saputo che quando si è una ciurma a bordo dello stesso galeotto, se si vuole trovare il tesoro nella mappa, l’unico modo è lavorare assieme e dirsi le cose come stanno, poiché sarà solo la verità che porterà ad esso.

Ecco qual è la differenza tra un advertiser che i tesori li conquista, e uno che si limita a guardarli sulla mappa.

Il pirata non è antipatico per il gusto di esserlo, ma perché dire le cose in modo diretto è ciò che spesso può fare la differenza tra la vita e la morte, tra il tesoro e la possibilità che altri galeotti arrivino prima di te.

Ecco perché, se salirai a bordo di questa ciurma, non ti troverai ad avere a che fare con pirati che si preoccupano di starti simpatici, ma avrai la sicurezza di avere a che fare con pirati che se ti fanno salire a bordo è perché conoscono dov’è il tesoro della tua attività e possono guidarti a raggiungerlo seguendo le rotte tracciate dall’advertising.